Questa domanda fa parte delle FAQ sul marxismo che affronteremo in una prossima assemblea presso il Circolo Ghinaglia. Contattaci o torna su questa pagina per sapere quando.
In superficie questa idea sembra attraente. Piuttosto che le tempeste ed i problemi di una rivoluzione, non sarebbe molto più facile vincere semplicemente le elezioni, ottenere una maggioranza in parlamento e promulgare riforme progressive in modo da trasformare lentamente, un po’ alla volta, il capitalismo in socialismo? È vero che in passato la classe operaia ha ottenuto riforme significative in questo modo. Lo stato sociale, il servizio sanitario nazionale, la sicurezza sul lavoro, la giornata lavorativa di otto ore – tutto questo è stato conquistato attraverso la lotta all’interno del sistema esistente. Non è quindi strano contrapporre riforme e rivoluzione, come se si potesse avere solo le une o l’altra? I veri marxisti non hanno mai rifiutato la lotta per le riforme sotto il capitalismo. Non diciamo “ci limitiamo ad aspettare la rivoluzione, quando tutti i nostri problemi saranno risolti”. Combatteremo vigorosamente per qualsiasi riforma autenticamente progressista che vada a beneficio della classe lavoratrice. Marx ha sottolineato che è nella lotta per le riforme sotto il capitalismo che la classe operaia arriva a comprendere la propria forza. È attraverso queste lotte che i lavoratori sviluppano la propria coscienza di classe e costruiscono le loro organizzazioni, come i sindacati e i partiti politici. È anche attraverso queste lotte che i lavoratori imparano in prima persona i limiti delle riforme sotto il capitalismo. Questo è particolarmente vero nei periodi di crisi come quello che viviamo oggi.
In passato la classe dominante, quando veniva sottoposta a una forte pressione dal basso, era disposta a concedere alcune riforme, anche se sempre in conseguenza dell’iniziativa della classe lavoratrice. Soprattutto quando l’economia cresceva, poteva permettersi di fare concessioni per mantenere la pace sociale. Ed infatti le riforme più significative sono state concesse dall’alto, proprio per evitare una rivoluzione dal basso. Così, per un certo periodo, le classi dominanti europee si sono riconciliate con l’idea dello “stato sociale”. Questo è stato reso possibile anche dalla massiccia espansione dell’economia durante il boom del dopoguerra. Il problema è che quello che i capitalisti concedono un giorno, se lo riprendono il giorno dopo. Questo avviene soprattutto durante una crisi, quando al fine di mantenere i loro margini di profitto, i capitalisti cercano di strappare alla classe lavoratrice tutte le conquiste del passato. Piuttosto che spendere soldi in riforme, sono le controriforme ad essere all’ordine del giorno.
A partire dalla crisi degli anni ’70, molte delle riforme progressiste del dopoguerra sono finite sotto attacco. Le industrie nazionalizzate sono state privatizzate, le pensioni e i salari ridotti, le case popolari sono state svendute e il servizio sanitario nazionale è in grave crisi. Tutto perché i ricchi possano continuare ad arricchirsi a nostre spese. Questi attacchi possono essere respinti ma in un periodo di crisi mondiale, questo richiede una rottura con il capitalismo. Sono le esigenze del mercato (cioè gli interessi dei banchieri e dei miliardari) a dettar legge ai governi, non il contrario. Come marxisti, capiamo che problemi come la povertà, la disoccupazione, le crisi e la guerra sono prodotti inevitabili del sistema capitalista. Nessun provvedimento che preveda di tassare i ricchi o di concedere denaro in prestito, cambierà questa situazione.
È necessario prendere il controllo delle leve chiave dell’economia e pianificare il loro utilizzo democraticamente, al fine di soddisfare i bisogni della popolazione come parte di un piano socialista di produzione sotto il controllo e la gestione dei lavoratori. Immaginare che un governo socialista possa farlo gradualmente – nazionalizzare questa industria un anno, quella banca l’anno successivo e così via – vuol dire ignorare l’intera storia della lotta di classe. È come immaginare di poter vincere una partita a scacchi dove solo i propri pezzi possono muoversi. In realtà l’altra parte contrattacca, se necessario ferocemente. Nessuna classe dominante ha mai rinunciato al suo potere e ai suoi privilegi senza combattere. Ecco perché abbiamo bisogno di una rivoluzione, per togliere finalmente il potere e il controllo dalle mani di una piccola minoranza di capitalisti e assicurare così riforme profonde e durature che trasformeranno il mondo.