Una manifestazione di Fridays For Future a Pavia

Giù le mani da Simone Ficicchia!

La Questura di Pavia ha chiesto misure repressive straordinarie contro Simone Ficicchia, un attivista di Ultima Generazione originario di Voghera, con cui abbiamo condiviso molte lotte per la giustizia climatica, per l’antifascismo, contro il razzismo. Simone ha 20 anni e se il prossimo 10 gennaio la richiesta della Questura di Pavia sarà accettata dal Tribunale di Milano sarà sottoposto al regime di sorveglianza speciale previsto dal codice antimafia del 2011: obbligo di stare in casa la sera, divieto di muoversi liberamente, divieto di incontrare altri attivisti e tutta una serie di limitazioni drastiche dei propri diritti politici e umani fondamentali.

La richiesta della Questura è inaccettabile e va respinta totalmente. Tanto per cominciare, la richiesta stessa è scritta nello stile bugiardo e incompetente caratteristico della Questura di Pavia: si dice che Simone sarebbe socialmente pericoloso, il che risulta ridicolo a chiunque conosca questo compagno, e che ha già subito diverse condanne, circostanza semplicemente falsa. Simone non è mai stato condannato, ma soltanto denunciato per alcune azioni simboliche di protesta contro il cambiamento climatico; la più nota è essersi incollato al vetro di un quadro agli Uffizi di Firenze, senza aver danneggiato il dipinto. Simone non ha mai ferito nessuno né danneggiato alcun oggetto prezioso.

Del resto, stiamo parlando della stessa Questura di Pavia che a novembre ha indignato tutta Italia cercando di applicare un insulso limite di 50 partecipanti a una manifestazione antifascista, salvo poi fare marcia indietro poche ore dopo, sommersa dalle critiche della pubblica opinione e improvvisamente rendendosi conto dell’infondatezza logica e addirittura legale della prescrizione. E sempre da quegli uffici è partito, il 5 novembre 2016, l’ordine di manganellare senza ragione gli antifascisti che stavano manifestando a Pavia in fondo a Strada Nuova; alcuni di noi sono tuttora coinvolti in un grottesco processo per quei fatti.

Se quest’ultima provocazione poliziesca andasse a buon fine, saremmo di fronte all’ennesimo caso di repressione politica in Italia contro la sinistra di movimento e di classe, che mette in forse basilari diritti democratici: pene tanto gravi dovrebbero essere commisurate all’accusa e tale accusa dovrebbe essere provata in un regolare processo.

Qualche mese fa abbiamo scritto: «Protestare contro il cambiamento climatico non solo è giusto: è necessario. E concordiamo con la necessità di non limitarsi più a chiedere gentilmente a chi ha il potere di fare qualcosa: bisogna rendergli impossibile continuare a ignorare il disastro incombente».

Siamo d’accordo con Simone Ficicchia quando in una sua lettera aperta dice che «non c’è bisogno di essere d’accordo con i metodi di Ultima Generazione per vedere quanto è sproporzionata e – di nuovo – pericolosa questa proposta della Questura».

Se la repressione continua a questo ritmo, presto nessuno tra le migliaia di giovani e lavoratori che combattono la crisi climatica e i suoi effetti sociali potrà dirsi al sicuro. Mentre la vivibilità stessa del nostro pianeta è sempre più compromessa dal capitalismo, le polizie dei padroni si occuperanno di fare le pulci a chi prova, in qualche modo, a fermare la catastrofe.

Senza ipocrisie diplomatiche lo abbiamo sempre detto: i mass media danno molta visibilità alle azioni eclatanti, ma questo non deve illuderci. Secondo noi i metodi efficaci per fermare il riscaldamento globale e ottenere giustizia climatica sono quelli che estendono il consenso e approfondiscono la consapevolezza delle masse. Consenso e consapevolezza di massa sono del resto l’unica difesa dalla repressione.

Sul clima non siamo destinati a essere una minoranza inascoltata: tra i giovani la coscienza del disastro incombente è già maggioritaria, e va diffusa nell’insieme della popolazione a partire dalla classe lavoratrice. Bisogna compiere ogni sforzo possibile per spiegare pazientemente che i responsabili delle emissioni, cioè i grandi capitalisti e specialmente quelli dei Paesi più industrializzati, sono quelli che devono pagare; non solo la neutralità delle emissioni ma addirittura emissioni nette negative vanno perseguite trasformando tutto il modo in cui l’umanità produce e consuma.

Per questo ci serve un programma rivoluzionario che solo le masse in lotta sono in grado di attuare. Una lotta di massa che unisca le rivendicazioni per gli interessi immediati come quelle per salari e pensioni degne a quelle più generali come la lotta contro le conseguenze del cambio climatico. Il capitalismo in crisi ci nega sia le une che le altre.

Tomaso Perani (SCR Pavia) interviene al presidio di solidarietà per Simone Ficicchia che si è tenuto a Pavia il 30 dicembre 2022.

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