Mercoledì 17 giugno abbiamo partecipato al presidio a sostegno dello sciopero proclamato dai rider di Deliveroo del territorio di Pavia con il supporto della FILT-CGIL territoriale. Lo sciopero chiedeva il ripristino delle condizioni economiche precedenti alla pandemia e la firma di un vero contratto collettivo nazionale.
Nonostante il cielo plumbeo e gli scrosci di pioggia un folto gruppo di rider dalle divise grigie e verde acqua si è raccolto sotto i portici della piazza sostenuto dal sindacato, da alcuni privati cittadini e da alcune delle forze della sinistra locale. Tra questi c’eravamo anche noi, militanti di Sinistra Classe Rivoluzione che abbiamo portato la nostra solidarietà ai lavoratori in lotta.
Negli ultimi anni le piattaforme di distribuzione si sono diffuse anche in Italia, prima nei grandi centri e poi anche nella nostra nebbiosa provincia. La narrazione che circonda queste app ci ha sempre descritto un mondo dinamico, regolato dalla sapiente mano del mercato: una sana competizione che avrebbe abbassato i prezzi delle consegne per i clienti e avrebbe consentito buoni guadagni ai giovani che si vogliono impegnare. Il delitto perfetto del liberismo: meritocrazia e basse tariffe.
Lo sciopero delle rider e dei rider della piattaforma Deliveroo squarcia il velo di questa illusione e getta luce su una realtà ben differente, molto distante da quella dei liberi professionisti e molto più simile a quella di lavoratori subordinati ma privi di qualsiasi tutela.
Il capitalismo delle piattaforme rivela la natura parassitaria del capitale in una forma particolarmente cruda: sono i lavoratori a consegnare il cibo, preparato dai lavoratori della ristorazione, nelle case di altri lavoratori; qual è il ruolo dell’azienda Deliveroo nella effettiva creazione e distribuzione dei prodotti? Non fornisce neppure le biciclette! Di fatto raccoglie un profitto consistente per il semplice compito passivo di irregimentare e disciplinare il lavoro umano, ruolo che è suo appannaggio grazie al controllo della piattaforma informatica.
Nel momento in cui questi lavoratori si mobilitano per reclamare diritti riusciamo a vedere in tutta la loro chiarezza i meccanismi di sfruttamento e di massimizzazione dei profitti tipici del capitalismo delineati da Marx centocinquant’anni fa. Ma la realtà che queste lotte ci mostrano è anche una realtà fatta di consapevolezza, determinazione e di solidarietà di classe. Il compito dei marxisti è quello di sostenere ed incoraggiare questa presa di coscienza delle lavoratrici e dei lavoratori non solo sulla loro condizione di sfruttati, ma soprattutto della loro forza come classe.
Abbiamo raccolto alcune delle loro voci e delle loro storie.
Tom: Quali sono le ragioni dello sciopero?
Sebastiano: Allora, le ragioni dello sciopero sono le stesse che vengono rimbalzate dai media le poche volte che ne parlano, cioè le condizioni di lavoro poco tutelate, a cui si è aggiunto però un peggioramento degli stessi pagamenti. Alla fine quello che ha fatto la differenza nell’ultimo periodo è stato questo: che hanno iniziato a pagare meno, decisamente meno. E quindi anche chi in linea di principio era d’accordo a svolgere questo lavoro da freelance ha iniziato a non riuscire più a starci dentro con le proprie spese per vivere. Quindi peggioramento delle condizioni di lavoro dal punto di vista economico e anche logistico, perché hanno iniziato ad unificare delle zone rendendo l’area di Pavia praticamente ingestibile, perché allo stato attuale copre dal Carrefour di Torre del Gallo fino a Tre Re che è un’area che praticamente copre un terzo della provincia. Per chi lavora in bicicletta questa cosa è diventata molto complicata. C’è da tenere conto che raddoppiandosi l’area il massimo ideale del pagamento per singola consegna è rimasto lo stesso, ma su un’area molto più grande, quindi tutte le consegne che prima erano pagate tot sono calate.
Tom: Tipo: prendo €1 per fare 100 metri ma se poi devo fare 100 km, sempre un euro è, ma ovviamente sono pagato molto meno.
Sebastiano: Sì sì, diciamo che a parità di chilometraggio si abbassa la paga. Poi c’è tutta una serie di atteggiamenti di Deliveroo riguardo ad alcune cose, come ad esempio la fornitura di dispositivi di sicurezza durante la pandemia. Che è stata scarsa, è stata in ritardo…
Tom: Vi hanno dato le mascherine?
Sebastiano: Ci hanno dato delle mascherine, tra l’altro con alcune rovinate che non funzionavano, ci hanno dato dei gel. Ci sono stati due lotti: il primo lotto aveva delle mascherine di quelle che sto usando io adesso, chirurgiche, e di gel che però secondo me non erano neanche ben funzionanti da quello che ho visto, e comunque sono arrivati verso fine aprile. C’erano state promesse a fine marzo e sono arrivate a fine aprile. E quindi, siccome abbiamo sempre continuato a lavorare, c’è gente che si è fatto tutto il periodo più brutto di lockdown e di pandemia senza dispositivi di sicurezza. Poi appunto ci sono cose macroscopiche che riguardano i soldi e cose più piccole che riguardano la considerazione anche che si ha nei confronti del cliente, la richiesta che è stata fatta nel periodo di lockdown ad esempio di fare delle consegne senza contatto con il cliente, ma comunque con un video istruttivo che mostrava come bisognava andare alla porta del cliente, quindi entrare nel palazzo, fare le scale, prendere l’ascensore: tutti luoghi che in quel periodo venivano giudicati dalla comunità scientifica come pericolosi.
Tom: Quindi tutelato il cliente ma non il rider.
Sebastiano: Mah… Tutelato il cliente fino ad un certo punto perché se non tuteli i rider… Il rider in una giornata fa 10-15 clienti, in una settimana ne fa anche anche 60, e può tranquillamente passare qualcosa…
Tom: Quindi diciamo un’immagine di tutela del cliente…
Sebastiano: Poi in generale ci sono questioni che durano da tempo, che riguardano il sistema di distribuzione delle ore e l’assenza di un pacchetto di ore minimo per tutti, che quindi rende molto difficile riuscire a lavorare con continuità: basta un errore, anche minimo, o un ritardo dovuto magari ad un bug dell’applicazione, un problema della connessione Internet (ed è successo anche questo) che una persona si ritrova a non lavorare più per un mese magari, o comunque lavorare pochissimo.
Tom: Perché? ci sono dei meccanismi di punizione?
Sebastiano: Ci sono dei meccanismi di reputazione che però sono molto farraginosi, ambigui e rendono complicato per molte persone riuscire a svolgere questo lavoro con continuità. Il che non vuol dire esclusivamente che è difficile per chi lo fa a tempo pieno, perché questa situazione sta diventando difficile anche per chi lo fa a livello occasionale. Qua siamo diversi ragazzi che fanno questa cosa anche magari studiando, non lo fanno sempre, ma comunque hanno bisogno lo stesso di avere un minimo di introito non dico garantito, ma comunque possibile. Perché questo è il problema.
Tom: Ma il ricambio è tanto? Nel senso se uno poi non lavora magari abbandona…
Sebastiano: Quello che abbiamo notato è che Deliveroo comunque fa delle ondate di assunzioni assolutamente a caso in cui ti dimostra che se tu non sei d’accordo con le modifiche che fa, del tutto unilaterali, alle tue condizioni di lavoro, trova un altro disposto a farlo, e molto spesso noi ci ritroviamo a scontrarci con chi ha appena iniziato a lavorare che ci dice: “Io sono passato dal non fare nulla al far qualcosa… per me va bene”. Poi si sa come va a finire: passa un anno e la persona che accettava quella situazione si ritrova anche lui a vedere quello che vedevano gli altri. Quindi si va avanti così all’infinito potenzialmente… Adesso siamo arrivati ad un punto secondo me quasi di non ritorno perché… non è un caso che sia successa questa cosa adesso e non l’anno scorso. Cioè adesso veramente è arrivato il momento in cui per tante persone è diventato difficile accettare questa situazione.
Tom: Qualche settimana fa ho visto i carabinieri che controllavano tutti i rider…
Sebastiano: Allora, io su questa cosa qui non sono informato perché quella sera tra l’altro non stavo lavorando, non avevo ore. Da quello che ho capito, c’è stata questa coincidenza molto strana per cui durante la giornata è uscita la news su tutte le testate nazionali che avevano commissariato Uber Eats. Per caporalato. Non abbiamo capito se era in qualche modo correlato… Perché da quello che so hanno fermato diversi nostri colleghi, hanno chiesto magari di vedere la nostra attrezzatura, di sapere come funzionava il lavoro. Hanno giustificato questa cosa come un’indagine credo dell’Ispettorato per il Lavoro. Di più non so. Comunque sono stati abbastanza tranquilli: non mi risulta che abbiano chiesto di far vedere come funzionava la app o cose del genere. Comunque la situazione di Uber Eats è molto diverse rispetto alla nostra. Da quello che mi risulta qui a Pavia non c’è caporalato. Non c’è questa cosa, però c’è comunque la tendenza a cercare di guardare verso fasce di persone, di popolazione che sono più propense ad accettare poco. E questo un po’… per certi versi è un problema, perché abbassa costantemente la soglia dello stipendio.
Tom: E tu lo fai il tempo pieno o così, per arrotondare?
Sebastiano: Io quando iniziato l’ho fatto in entrambi i modi. Nel senso che quando ho iniziato l’ho fatto part-time, poi ho avuto un anno, l’anno scorso, il 2019, in cui ho anche aperto la partita IVA per poterlo fare perché avevo esigenze economiche di un certo tipo. Adesso queste esigenze economiche sono andate a posto, quindi ho ripreso a farlo part-time per finire di studiare ma comunque… come dire… paradossalmente mi ha incattivito ancora di più questa cosa, nel senso che veramente non è più come l’anno scorso che ho come attività principale questa: se io giovedì sera, che è una delle poche sere che posso lavorare, mi ritrovo a fare due ore in bicicletta e prendere in totale 8,50 € (ed è quello che è successo giovedì scorso), lordi… io ho guadagnato in totale €4,25 lordi all’ora, che è pochissimo… Cioè, non è nulla, ma può succedere altre volte in cui magari uno si tiene libero il sabato pomeriggio e non prende nulla, prende zero. A quel punto diventa molto umiliante. Praticamente c’è un’azienda che ti sta dicendo che il tuo tempo non vale niente.
Tom: Perché comunque non c’è un minimo.
Sebastiano: No. Infatti uno dei motivi della protesta è stata l’abolizione di questo minimo, che comunque era qualcosa di molto macchinoso e non era a contratto. Noi abbiamo questo contratto flessibile in cui c’è scritto semplicemente che Deliveroo si impegna a darci dei soldi a consegna, senza indicare quanti. È stato modificato: permette a Deliveroo di allungare e dilatare quanto vuole questa questione. È stato eliminato questo minimo, sostenendo come al solito che lo avrebbero fatto per il nostro bene. E quindi in realtà era l’unica cosa che diceva questo accordo, che poi non era un accordo: era una concessione che faceva Deliveroo per rendersi un po’ più bella rispetto alle concorrenti che non l’avevano, se vogliamo per prendersi più rider per avere un’immagine pulita, no? Ad un certo punto ha capito che poteva permettersi di toglierlo, ed è saltata l’unica garanzia che avevamo di un minimo di consegne all’ora. Perché prima comunque Deliveroo faceva dei calcoli; diceva: “Io so che in questa ora qui ci saranno tot ordini. Mando un numero tale di rider per cui non ci perdo”. Perché sennò avrebbe dovuto pagare un sacco di rider per stare qui fermi. Almeno questa cosa… basta. Capita frequentissimamente di avere ore in cui si scende sotto quel minimo di 7 € all’ora lordi, che comunque era già poco.
Tom: E tra i colleghi come è stato vissuto questo sciopero?
Sebastiano: Ti dirò la verità, io all’inizio credevo che sarebbe stato molto difficile per noi riuscire a coinvolgere le persone. Invece per quello che sto vedendo dall’applicazione oggi, per quello che ho visto in giro, per quello che ho sentito le nostre chat c’è stata un’ottima adesione. Magari non sono tutti qui questa sera, il tempo forse non ha aiutato. Però ti dico con certezza che a pranzo Deliveroo non ha lavorato. Non ha funzionato, non ha lavorato. I ristoranti più grandi come il McDonald’s hanno spento il tablet per ricevere gli ordini perché hanno capito che non sarebbero arrivati. A parte qualche eccezione non sono stati consegnati gli ordini, e quelli che sono arrivati, sono arrivati in ritardo. E quindi il segnale è stato lanciarlo, i ragazzi hanno quasi tutti partecipato. C’è chi sostiene che non è concorde. Magari dice che lo sciopero non serve a nulla, ma questa situazione dimostra che non è vero! OK, alcuni sono per principio contrari a questa cosa… Quando l’anno prossimo si lamenteranno che non guadagnano più nulla, gli ricorderemo di questi momenti.
Tom: OK. Ti faccio ancora solo due domande. Una è: che tipo di formazione vi fa l’azienda?
Sebastiano: La formazione è zero. Completamente zero. Fino a poco prima che entrassi io c’era un ufficio in cui facevano dei colloqui e c’era anche un affiancamento. Non so se a Pavia l’hanno mai fatto, ma in altre città sì. C’è un ragazzo che lo ha fatto in altre città, quello col casco da moto. Hanno tolto tutto. L’unica cosa che ci viene data sono delle pagine Internet in cui vengono spiegate con delle infografiche come funziona questo lavoro.
Tom: E spingono sul fatto che più lavori e più guadagni?
Sebastiano: Sì, spingono su tante cose. Cercano di spiegare come funziona il sistema di prenotazione. Ma i ragazzi molto spesso non capiscono, e quindi cosa succede? Che siamo noi ad aiutare i nostri colleghi e cercare di capire e quindi ci si ritrova magari ad impiegare del tempo per fare un lavoro che dovrebbe essere fatto da qualcun altro. Cioè lavoro da tutor. E per tutto il resto non c’è nulla. Hanno addirittura cancellato l’indirizzo mail a cui potevamo chiedere informazioni. Comunque l’indirizzo mail rispondeva dopo tre giorni, non prima, OK? L’hanno cancellato, adesso c’è solo un form su Internet per cui in realtà formalmente non esiste neanche un canale diretto col tuo datore di lavoro, che è una cosa assurda. Anche per un freelance, io quando parlo con i miei amici, quelli che hanno la partita IVA, quella vera, e gli dico queste cose qua loro mi dicono: “Non ha senso che tu non puoi parlare con chi ti sta facendo lavorare in quel momento”. C’è questa chat in cui puoi scrivere ma ci sono dei ragazzi che sono trattati probabilmente peggio di noi, che sono gli stessi tre tutte le sere. Quindi immagino la quantità di lavoro che si sobbarcheranno. E niente… loro sono convinti che per fare questo lavoro sia sufficiente mandare un paio di video e scrivere un paio di infografiche, che comunque spetta al rider andarsi a cercare.
Tom: L’ultima cosa. Che tipo di supporto vi ha dato il sindacato in questo caso?
Sebastiano: Allora di questo dovresti parlare più con Mattia, perché è stato lui a parlare più direttamente. Io ti posso dire che dei rider più vecchi, che hanno la partita IVA, la maggior parte l’ha aperta al sindacato. Quindi ha usufruito di quel servizio e quindi è stato abbastanza spontaneo dal momento in cui volevamo un aiuto per organizzare questa cosa, noi che comunque non eravamo organizzati per nulla del genere, chiedere a loro perché di fatto è il nostro sindacato. Poi c’è questo ragazzo che si chiama Andrea Frangiamore che è il ragazzo che quando è arrivato Deliveroo a Pavia si era in qualche modo infiltrato dentro e aveva fatto anche un articolo per la Provincia Pavese, che da quello che so aveva avuto un minimo di risonanza nazionale. È stato l’unico caso di una persona del sindacato che effettivamente è entrata dentro a Deliveroo e ha visto per un mese o due, non mi ricordo, come funziona questa cosa. Quindi supporto sì, c’è stato, io poi non mi sono occupato direttamente di questo ma ci hanno aiutato con i permessi e con ci contatti con la stampa, per chi è venuto. E sicuramente avere un’organizzazione dietro aiuta a dire: “Ragazzi, andiamo in piazza ché non siamo quattro gatti”.
Tom: Sei tu che hai lanciato l’idea di questo sciopero?
Mattia: Nì, non l’ho fatto da solo. È da un po’ che c’era questo sentimento comune e a furia di parlarne ho creato il gruppo, però non sono stato l’unico. Ho avuto l’idea di mettere il primo tassello. Però non è un merito mio.
Tom: Perché vi siete incazzati?
Mattia: Ci siamo incazzati perché, come dicevamo poc’anzi, le condizioni contrattuali sono peggiorate man mano che andavamo avanti.
Io ho cominciato nel 2018. Come vedi qua quando arrivano degli ordini (appena ne arriva uno te lo faccio vedere…) c’è un minimo; una volta era di 5 €: cioè per qualsiasi ordine guadagni minimo 5 €. Andando avanti col tempo questo minimo è stato abbassato sempre di più fino a 4 €. Adesso è diventato di 3,80 €. [Arriva un ordine] Vedi? 4 €. Prima questo non esisteva. Scusami, ogni tanto rifiuto gli ordini… Il senso dello sciopero: restare on-line e rifiutare.
Poi noi avevamo anche, quando ho cominciato, un fisso orario di 7,50 €. Ciò vuol dire che se tu ti metti disponibile e non ricevi ordini, Deliveroo ti premiava per il tuo tempo, per il tuo impegno, perché ti sei messo a disposizione. Questo fisso di 7,50 € è stato abbassato sempre più. Adesso non c’è più. Prima avevamo un’area di un raggio d’azione di 5 km: il centro. Adesso, come vedi, tutti i pallini rossi sono i ristoranti aperti: arriviamo fino a San Martino Siccomario. Con i ristoranti! Perché i clienti a volte abitano anche a Cava Manara. Il problema è che per fare, ad esempio, da viale Matteotti, dove c’è il Jumbo, a Cava Manara ti capita che siano 4,60 € e tu dici: “Mi stai prendendo per i fondelli!?”.
[Arriva un ordine sul telefono, lo legge] 3,97 €.
Tom: Ma quindi funziona che alla fine ti esce fuori un lavoro così che tu lo possa accettare o meno?
Mattia: Certo. Tu puoi decidere se accettare o rifiutare. Puoi deciderlo perché sei libero professionista. Se fossi subordinato dovresti solo accettare, però non avrebbe più senso il lavoro in sé. Perché avresti uno stipendio fisso per ammazzarti di lavoro tutto il giorno. Quindi uno non sa neanche che cosa scegliere. Capito?
Poi ti stavo per dire un’altra cosa che mi sono dimenticato… Ah ecco! Siccome a volte ti capita di dover andare fino a San Martino Siccomario la cosa logica sarebbe che uno dice: “Devo arrivare fin là… Tutti quei chilometri… Lo faccio in macchina!”. Se tu provi a farlo in macchina, Deliveroo ti dice che non puoi. Quindi, se tu fai un incidente, Deliveroo non ti copre. Perché siccome Pavia ha il centro pedonale, loro vogliono assicurarsi che tu possa arrivare ovunque. Però a questo punto non mi metti San Martino Siccomario accorpato a Pavia! Perché uno che va in bici non può arrivare a San Martino Siccomario. Cioè, può arrivarci ma ci mette una giornata intera. Per quanto? per 4 €? Tu perdi un’ora di tempo per 4 €? Anche perché uno deve anche tornare indietro.
Sostanzialmente poco a poco o è poco ci hanno spezzato le gambe come hanno voluto, unilateralmente. Ogni tot loro cambiano il contratto unilateralmente e tu non puoi fare nulla. Provi a comunicare, ma non c’è una piattaforma, un tavolo di confronto. Cerchi un numero di telefono per parlare con qualche responsabile perché capitano diverse problematiche nell’arco della tua sessione lavorativa, ma non hai un numero. Non puoi contattare nessuno. Hai un rider support ma tu puoi solamente chattare. Puoi chattare se ci sono problemi con gli ordini.
Tom: Quanto è vecchio un lavoratore Deliveroo? Sia in termini anagrafici sia di durata del rapporto con la piattaforma?
Mattia: Guarda, è una variabile… Nel senso che a livello di età puoi trovare gente anche di 60 anni, gente di 50, che è rimasta senza lavoro e ha provato a fare Deliveroo per tirare avanti, studenti universitari… o gente come me. Io facevo due lavori: arrotondavo con Deliveroo e lavoravo a Milano. Il COVID mi ha stangato le gambe. Sono rimasto solo con Deliveroo.
Quanto dura? Anche lì è una variabile… Finché non trovi un altro lavoro. A volte, con le condizioni economiche italiane attuali, possono durare anche anni. C’è gente che fa questo lavoro da 5 o 6 anni a Pavia. O gente come me: io ho cominciato a dicembre 2018 e ancora adesso sono qui.
Tom: Però ti sei incazzato abbastanza alla svelta…
Mattia: Be’ oddio… Neanche troppo… Son passati due anni…
Tom: Be’, è positivo però! Ci sono ambienti che neanche dopo 10 anni…
Mattia: Mah… In realtà è il primo sciopero che facciamo a Deliveroo, a Pavia. A Milano, per dire, li fanno già da mo’. Noi abbiamo cominciato adesso e speriamo che sia solo il primo di tanti, qualora le condizioni non dovessero cambiare.
Tom: Voi siete obbligati a usare la bici. Succede perché avete un’assicurazione?
Mattia: Allora… Dipende dal posto in cui lavori. In linea di massima puoi usare bici,scooter o macchina. Però ci sono alcune città in cui la macchina non è contemplata. Tipo Pavia. Perché il centro è pedonale. E quindi la società vuole assicurarsi che tu lavori ovunque, che tu possa raggiungere qualsiasi posto. Per cui finché hai lo scooter e la bici va bene. Però il problema è che ti aprono San Martino Siccomario e non ci puoi andare in macchina. E comunque gli ordini partono da Pavia. Quindi come fai?
Tom: E voi siete assicurati?
Mattia: Sì, noi siamo assicurati fino ad un’ora dopo la fine del nostro lavoro.
Tom: Tipo il ritorno a casa.
Mattia: Sì sì. Così. Però anche dal punto di vista delle assicurazioni c’è un problema. Durante l’emergenza COVID, e io posso parlare solo di me personalmente, dell’esperienza vissuta in prima persona, sono stato a contatto con una persona positiva e quindi sono stato messo in quarantena. Deliveroo ha messo a disposizione diversi tipi di assicurazione: una per i positivi e una per chi fosse stato messo in quarantena. Nel mio caso, quello della quarantena, mi hanno dato solamente 230 € lordi, tassati,per restare in casa due settimane. Adesso, con delle statistiche medio-basse 200 € li guadagni in due settimane o poco meno. Con 230 € lordi non ci fai assolutamente nulla. Infatti io ho fatto fatica a pagare l’affitto, insomma a pagare tutte le mie spese. Qualora invece un rider fosse risultato positivo, Deliveroo ha messo a disposizione 30 € al giorno, dimostrando il tuo ricovero presso un ente ospedaliero. Allora lì sì, avresti avuto 30 € al giorno. Lordi.
Tom: Ma se invece avete un incidente stradale durante il lavoro? Siete abbandonati?
Mattia: No no, lì l’assicurazione interviene. Però anche qui ogni caso è a sé. Molti si sono lamentati dopo aver subito un incidente di essere stati coperti in modo veramente, veramente basso, diciamo. A un ragazzo, un rider, che è morto a Milano gli sono stati dati tipo 20mila €, neanche. Poi lì devi valutare… Era lui contromano? E cose così…
Tom: L’azienda vi spinge a lavorare di più? Più veloce?
Mattia: Guarda… Indirettamente. Perché non abbiamo nessuno che ti sta a controllare, che ti dice: “Oh, cosa fai? Sei fermo!”. Quello no. Però ti rendi conto che, nel momento in cui ti abbassano i compensi, e di ordini ne hai tanti, tu sei invogliato ad andare più veloce. Perché se guadagni poco a singolo ordine, tu ti dici: “Io in un’ora devo arrivare a tot”, che siano 15 €, visto che sono lordi, io li devo fare. E se ogni ordine che mi arriva è da 4 €, io devo farli più velocemente possibile. Quindi indirettamente sì, c’è questa spinta.
Tom: Come ti chiami tu?
Alessandro: Io mi chiamo Alessandro e faccio il rider da poco più di un anno. E io il rider lo faccio da come lavoro, come lavoro principale. Con la partita IVA. L’italia non offre molto lavoro.
Tom: Tu di dove sei?
Alessandro: Di Pavia.
All’inizio sì, le condizioni erano adeguate. È stato negli ultimi 4/5 mesi che è cambiato tutto.
Prima a Pavia c‘era un minimo orario garantito di 7,50 all’ora. Poi è stato ridotto a 6 €, poi l’hanno levato completamente. E adesso siamo senza minimo orario.
Tom: Tutto questo succede adesso (durante l’emergenza sanitaria)?
Alessandro: È successo due mesi fa.
Tom: Approfittando del fatto che tutti con la pandemia avrebbero fatto ordini online.
Alessandro: Sì. Poi hanno aggiunto anche il Market: ci facevano portare la spesa. Ma noi abbiamo un limite di carico di 8 kg massimo, con lo zaino sulla bici. Però c’era gente che ordinava casse d’acqua. Quindi già lì eravamo fuori. Quindi mi toccava chiamare l’altro rider, aspettare che arrivasse…
Tom: Quindi potete darvi una mano?
Alessandro: Sì, si può fare. Sdoppiare gli ordini si chiama.
Tom: Tra di voi quindi si crea anche un po’ di complicità?
Alessandro: Tra di noi sì. Dipende… Qua a Pavia ci conosciamo tutti e andiamo molto d’accordo. Però in città come Milano, nelle grandi città, c’è meno.
Tom: E tu perché hai aderito allo sciopero?
Alessandro: Penso che lo sciopero sia giusto. Perché è giusto che l’azienda ci garantisca quel minimo orario garantito e anche la sicurezza. Io sono stato aggredito durante una consegna da un gruppo di sette ragazzi quando ero arrivato al civico del cliente: mi hanno preso l’ordine; non la bici, io sono riuscito ad andare via. Mi hanno minacciato; mi hanno obbligato a consegnare l’ordine. È successo due settimane fa, qui a Pavia. In zona Crosione.
Tom: E in questo caso hai avuto qualche tutela dall’azienda?
Alessandro: No, niente. Ho solamente mandato un messaggio, li ho avvisati dell’accaduto. E niente, se ne sono lavati le mani…
Tom: Ti hanno detto che era il rischio d’impresa?
Alessandro: No, guarda, non mi hanno detto neanche quello. È già tanto che non abbiamo sottratto il valore dell’ordine a me. Almeno quello non lo hanno fatto.
Tom: Perché è possibile che vi tolgano dei soldi?
Alessandro: No, a me personalmente non lo hanno mai fatto. Però secondo me potrebbero farlo, volendo.
Tom: Se ti mangi l’ordine di nascosto?
Alessandro: [Ride] Lì so che licenziano, fanno prima…
Comunque [l’aggressione] è stata un’esperienza. Adesso ho comunicato a tutti i rider di evitare quella zona. C’è una gang che aspetta il rider, lo aggredisce e gli porta via l’ordine. A me personalmente non hanno fatto niente. Mi hanno accerchiato; mi hanno detto di dargli l’ordine. Io ho chiesto di farmi vedere l’ordine sul loro cellulare, con i dettagli e il nome del rider: non hanno voluto e mi hanno preso l’ordine. Io gliel’ho lasciato e sono riuscito ad andare via.
Tom: Le borse? Ve le danno?
Alessandro: Le borse ce le danno loro. Quelle sono gratis, il primo kit. Se devi riordinarlo costa 20 €.
Trovo molto interessante la spiegazione che emerge dalle interviste sulla dinamica dell’aggiustamento dei costi da parte della piattaforma.
il peggioramento progressivo delle condizioni (il compenso per consegna che si riduce, il minimo garantito che scompare, le zone di applicazione che si ampliano a parità di compenso per consegna) avviene unilateralmente: cosa che se fossero subordinati o autentici autonomi non avverrebbe, in quanto con un contratto chiaro nelle condizioni (prestazione, quantum, sede, orario/modo), ogni variazione si dovrebbe rinegoziare bilateralmente. Qui invece ogni peggioramento compare come nuova proposta che il lavoratore può ogni volta accettare o meno (tanto sono ormai molti, fungibili e comunque sono spinti alla prestazione per non perdere chiamate successive per via dell’algoritmo “meritocratico”).
La sfida sarà mettere d’accordo internamente le istanze di tutti i riders per maggiori tutele, anche a fronte dei nuovi ingressi sulla piattaforma che privilegiano perlopiù la flessibilità.