Qualche giorno fa, a Pavia un gruppo di giovani attivisti di Ultima Generazione ha protestato contro l’inazione dei governi di fronte alla gravissima crisi planetaria dovuta al riscaldamento globale.
La rabbia di questi giovani è giusta e la proviamo anche noi. A ogni summit internazionale sul clima si dà ragione ai giovani che protestano, si discute a lungo, si stendono dei bei rapporti, si scuote la testa e si conclude che stiamo continuando a correre verso la catastrofe. Poi però nulla cambia, chiuso il summit si prosegue come prima. In effetti, la catastrofe è già iniziata.
La protesta avvenuta a Pavia consisteva nel bloccare il traffico lungo viale Matteotti per alcuni minuti, secondo i giornali meno di un’ora, fino all’intervento delle forze dell’ordine che hanno portato via di peso gli attivisti, che ora rischiano fino a 4mila euro di multa. Esprimiamo la nostra solidarietà a queste ragazze e a questi ragazzi, chiedendo che le multe siano cancellate. Siamo lavoratori e lavoratrici e sappiamo bene che ogni giorno milioni di persone affrontano code chilometriche, ritardi pazzeschi, attese interminabili per recarsi a lavoro o per tornare a casa. L’irrazionalità e l’inefficienza del sistema dei trasporti in questa società scarica soprattutto su operai e impiegati disagi infiniti. Nessuno sembra preoccuparsene poi tanto, eppure c’è chi si sta strappando i capelli da giorni sui social network perché alcuni automobilisti sono rimasti bloccati per alcuni minuti da questa protesta. L’esagerazione di queste lamentele è evidente. Tra l’altro, la protesta è avvenuta in maniera molto rispettosa e pacifica.
Protestare contro il cambiamento climatico non solo è giusto: è necessario. E concordiamo con la necessità di non limitarsi più a chiedere gentilmente a chi ha il potere di fare qualcosa: bisogna rendergli impossibile continuare a ignorare il disastro incombente.
Un movimento di massa può anche giungere ad avere la forza di bloccare fisicamente le azioni di chi sta distruggendo il nostro pianeta. I nostri compagni canadesi sono stati impegnati per esempio a sostenere la lotta contro i gasdotti nella British Columbia, condotta dalle tribù indigene che difendono il proprio territori e dagli attivisti contro l’energia fossile. La forma più alta di blocco del resto è proprio lo sciopero, e per questo motivo insistiamo sull’importanza di riuscire a coinvolgere il movimento operaio nella lotta per la giustizia climatica. Per fare questo è estremamente importante che sia chiaro, nella nostra propaganda, nelle nostre dichiarazioni, nelle nostre attività, nelle nostre proteste, che il nemico del clima è lo stesso che ci taglia i salari, ci conduce in guerra, distrugge la Sanità e i servizi pubblici.
Rispetto alla ricerca di attenzione mediatica attraverso azioni eclatanti, siamo però molto scettici. Il paziente e laborioso lavoro di ricerca del consenso, di approfondimento teorico, di coinvolgimento di fasce sempre più ampie di giovani e di lavoratori, non permette purtroppo delle scorciatoie. Né crediamo che si possa sperare che azioni di impatto siano raccontate favorevolmente dal sistema dei mass media: abbiamo visto come anche di fronte a grandissime manifestazioni giovanili molto ben preparate i giornali padronali si fissino spesso su dettagli insulsi come le caratteristiche personali di Greta Thunberg, le cartacce lasciate per terra e simili sciocchezze. Ancora meno possiamo confidare nella benevolenza dello Stato, sperando che non esageri nella repressione: abbiamo visto come sono state trattate precedenti sollevazioni giovanili.
Invitiamo a rafforzare e sostenere le lotte contro il cambiamento climatico, come da parte nostra siamo impegnati a fare, inserendole nella lotta più generale contro il capitalismo. In questo sistema non c’è futuro!
Per approfondire:
- Intervista al nostro compagno russo Leonid Shaidurov, membro del coordinamento internazionale di Fridays For Future
- Un articolo su Extinction Rebellion dei nostri compagni britannici
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