La sorella di Mustà porta fiori in piazza Meardi

Assessore leghista uccide immigrato a Voghera: è il risultato dei deliri securitari

A Voghera è stata lanciata una manifestazione di protesta per sabato 24 luglio alle ore 17 in piazza Meardi. Le comunità marocchine saranno in quella piazza già dalle 16. I promotori del presidio delle 17 sono un collettivo di giovani antirazzisti (Noi Siamo Idee) e varie forze della sinistra locale. Aderisce, da Pavia, la Rete Antifascista. Naturalmente ci saremo anche noi di Sinistra Classe Rivoluzione.

La destra ha una strana idea di ordine pubblico. Il caso dell’assessore leghista alla Sicurezza di Voghera, Massimo Adriatici, ne è la rappresentazione plastica. Nel 2018 sosteneva che il ricorso alle armi da fuoco fosse legittimo non solo in caso di pericolo per la propria incolumità personale, ma anche per difendere la proprietà, propria e altrui. Di proprietà da difendere ne ha del resto parecchie: con un reddito annuo di oltre 130mila euro, questo avvocato ex poliziotto è il più ricco esponente della giunta vogherese.

Appena preso l’incarico come responsabile della sicurezza nella giunta vogherese ha deciso un DASPO per una donna “senza fissa dimora” che mentre leggeva libri in piazza chiedeva dei soldi con un sorriso… Per questi signori il decoro urbano esige che le sofferenze umane non si mostrino sulla pubblica piazza! In settimana l’assessore era salito agli onori della cronaca per aver voluto un’ordinanza che vietava di vendere birre fredde da asporto, con l’obiettivo di stroncare la cosiddetta “malamovida”, identificata in buona sostanza con la presenza di persone a basso reddito in giro per la città.

Ora c’è anche il morto! Youns El Boussetaoui, soprannominato Mustà, un uomo di 39 anni con due figli, che spesso dormiva su una panchina, con problemi psichici secondo chi lo conosceva, e seguito (forse non abbastanza?) dai servizi sociali e dalla Caritas, è stato ammazzato con un colpo partito dalla pistola che l’assessore-sceriffo portava in mano, col colpo in canna e il dito sul grilletto… Secondo l’incredibile versione dell’omicida, sarebbe bastato “uno spintone” a far partire lo sparo fatale.

Youns El Boussetaoui.

Di fronte a questi fatti, il Salvini di turno non trova di meglio che ricordarci che lo sceriffo di Voghera «aveva un regolare porto d’armi» e che invece il morto era «con precedenti penali». Salvini nega che sia un episodio da Far West e parla di legittima difesa (esclusa dallo stesso Adriatici, ora agli arresti domiciliari), trovando dunque normale che un assessore affronti pistola in mano… un uomo che «stava dando fastidio ai clienti di un bar». È invece proprio questo comportamento ad essere un pericolo per tutti noi. Così come il fatto che negli Usa circolino più di 300 milioni di armi non impedisce, ma anzi aiuta a creare le condizioni perché solo nel 2020 più di 4.000 persone siano morte a causa delle armi da fuoco. Come se in Italia fossero morte 800 persone, 15 morti alla settimana! Questa è sicurezza?

Rimangono una serie di considerazioni sull’ideologia da Far West di questa gente: perché l’assessore alla Sicurezza era in piazza con una pistola? Il delirio securitario sul quale partiti come la Lega o Fratelli d’Italia hanno costruito una grande parte del loro consenso attira sistematicamente individui violenti, persuasi che la società debba essere composta solo da uomini bianchi benestanti che consumano bevande fresche ai tavolini dei locali e che sia più importante la loro idea delirante di ordine e disciplina rispetto alla vita di un essere umano, specialmente se non bianco. Sono estremisti violenti frutto della loro cultura maschilista, razzista e classista.

Bisogna condannare senza esitazioni l’ideologia securitaria, che nella Lega ha una punta estrema ma a cui in buona sostanza aderiscono da decenni oltre che tutte le amministrazioni di destra anche quelle di centrosinistra, che per certi versi hanno addirittura lanciato la moda dei sindaci-sceriffo negli anni Novanta. Quante volte il centrosinistra ha costruito la sua campagna elettorale sulla sicurezza, promettendo di fare il lavoro della Lega o dei fascisti ancora meglio di loro, e quante volte vinte le elezioni ha istituito assessorati alla Sicurezza con proclami roboanti, per poi procedere a sommergere le città di telecamere, ordinanze repressive, sgomberi di centri sociali ecc.?

Senza costruire dal basso un’idea alternativa di convivenza e di come vivere la città, la paura continuerà ad essere usata come combustibile politico per le proposte più reazionarie. L’idea che girare armati aumenti la sicurezza è falsa. Persone come Massimo Adriatici (che già quando era poliziotto pare fosse solito affrontare i giovani che si facevano le canne impugnando la pistola…) in una società migliore sarebbero considerate pericolose e da isolare e da accompagnare verso un nuovo stile di vita; ma in questo sistema, e con partiti come la Lega, possono diventare responsabili della sicurezza in una città come Voghera. Addirittura, insegnava diritto penale alla scuola di polizia di Alessandria! Siamo in un mondo al contrario.

Ci sembra giusto chiedere le dimissioni (non la “autosospensione”) di Massimo Adriatici, ma non solo: anche l’intera giunta Garlaschelli deve andarsene a casa; tra l’altro già a fine marzo la giunta è stata coinvolta in un’indagine della Procura di Pavia per scambio illecito in riferimento ai voti all’assessora al Commercio Francesca Miracca. Ci sembra dunque difficile distinguere gli elementi marci da quelli sani in questa combriccola. Anche liberandosi di questa giunta, resterebbe però il problema di costruire una forza politica e sociale alternativa che imponga un modo più umano e empatico di convivenza.

In Italia vivono da decenni ormai 6 milioni di immigrati. Un altro milione è costituito dai loro figli, che sulla base di leggi reazionarie non hanno il diritto di essere considerati legalmente italiani. Queste persone (quasi un 10% della popolazione) sono decisive per l’economia italiana: creano ricchezza col loro lavoro e vista la loro età media danno al momento molto più di quello che prendono dal sistema. Ma le menzogne fascioleghiste continuano a dipingerli come profittatori, se non addirittura rapinatori e violentatori in potenza. Questa sottocultura reazionaria alimenta le fantasie da sceriffi di elementi come Massimo Adriatici.

Il giornale locale parla di una prima manifestazione spontanea a Voghera, composta soprattutto da immigrati, che hanno inveito contro l’assessore omicida e contro le forze dell’ordine, gridando «Assassini». Familiari e conoscenti della vittima hanno portato fiori in piazza Meardi, dove per sabato è stata convocata una manifestazione antirazzista a cui è sacrosanto partecipare. Anche la CGIL ha preso posizione annunciando iniziative sul tema nelle prossime settimane. Tra i cittadini vogheresi intervistati dai giornali molti esprimono sconcerto e preoccupazione. Questo dimostra che la città non è dominata dal razzismo, anche se purtroppo non manca chi sostiene l’assessore. La Provincia Pavese parla di una «Voghera spaccata in due»: invece di invitare tutti ad abbassare i toni senza prendere posizione, come fanno i partiti di centrosinistra (alleati della Lega a Roma), noi crediamo che sia necessario prendere parola per lanciare un messaggio a chi capisce che qualcosa non va in questo sistema: non sei solo!

La popolazione di Voghera deve prendere posizione. Che città vogliamo per noi e i nostri figli? Telecamere dappertutto, poliziotti e “bravi cittadini” pronti a imporre con le armi la loro idea malata di “sicurezza” o invece una società multietnica, aperta e empatica, dove si capisca che la diversità è una risorsa preziosa se la si gestisce difendendo la dignità delle persone? Nonostante quello che propone l’ideologia individualista della borghesia, in una società o si sta a galla assieme o si affonda tutti; ma questa visione è incompatibile con la legge della giungla del capitalismo.

Non è solo questione di buone maniere e di rispetto. Quando i fascioleghisti usano lo slogan «Prima gli italiani» mentre continuano a tagliare le risorse per le case popolari, per il servizio sanitario pubblico, per la scuola di tutti, occorre costruire delle mobilitazioni per trovare e usare adeguatamente le risorse che tolgono a chi vive vendendo il suo lavoro sul mercato, italiano o straniero che sia. Quando negli anni ‘60 e ‘70 tanti italiani andavano a lavorare nei cantieri edili in Germania, il sindacato tagliò l’erba sotto i piedi dei reazionari di destra con una parola d’ordine chiara e mobilitante: a uguale lavoro, uguale salario! E si dichiarò disposto a scioperare per imporre la solidarietà tra lavoratori a partire dalle buste paga. La concorrenza tra lavoratori, di cui si nutre la retorica xenofoba, danneggia sia gli stranieri sia gli italiani.

Questo è un lavoro di lunga lena, che è necessario intraprendere da subito, traendo le lezioni tragiche della morte del marocchino Youns El Bossettaoui, conosciuto da tutti – in una città dove tutti si conoscono – come “Mustà”: un uomo che aveva i suoi problemi, ma che non meritava di morire in questo modo.

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