Fracassi, Trivi e altre 14 persone con mascherina e due cavalli

Pavia nel cortocircuito della falsa sicurezza

Lettera aperta
ai lavoratori e ai cittadini di Pavia
alla giunta comunale e ai consiglieri comunali
alla Prefettura di Pavia
alla Questura di Pavia
al Servizio di Protezione Civile della Provincia di Pavia

False soluzioni a falsi problemi

Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad un grandissimo dispiegamento di forze anche nella nostra città. Il sindaco si è fatto ritrarre in fotografie, che non possiamo che definire propagandistiche (e anche un po’ diseducative visto il mancato rispetto delle distanze!), con guardie a cavallo, piloti di droni, centauri-poliziotto… Addirittura ha annunciato l’uso di un elicottero per controllare gli indisciplinati.

Il fascino che esercitano questo tipo di misure sugli uomini politici è facilmente spiegato: i velivoli sono stati forniti a costo zero, le forze dell’ordine e i volontari non comportano spese extra per le casse comunali… Le soluzioni di più ampio respiro richiederebbero invece un impegno reale.Anche a Pavia il fine settimana di Pasqua e Pasquetta è stato presentato come se orde di pavesi si sarebbero riversate in strada per trascorrere le brevi vacanze in località di villeggiatura. Non è stato spiegato dove avrebbero dovuto recarsi questi villeggianti della pandemia, visto che mezza Europa è sottoposta al cosiddetto lockdown. I dati, forniti dalle stesse forze dell’ordine, hanno smentito questa teoria.

Tutte le misurazioni disponibili sulla mobilità dei cittadini hanno mostrato come la popolazione abbia sostanzialmente compreso la necessità di non far proliferare il virus e non si siano mossi da casa. Per esempio, i dati sulla mobilità forniti da una società del gruppo ENEL indicano per la nostra provincia una riduzione del 95% dei kilometri percorsi a Pasquetta rispetto alla media di gennaio 2020; i pavesi si sono spostati così poco che addirittura rispetto alla settimana precedente il crollo degli spostamenti è stato dell’86%.


(Fonte: https://prod.enelx-mobilityflowanalysis.here.com/dashboard/ITA/index.html#45.143!9.1671!9.2!2020-04-13T01:00:00.000Z?feat=provinces,18)

Ma nella ricostruzione di questo grande racconto collettivo questo non è importante. Importante è stato incutere terrore. Ancora una volta il dispiegamento di forze, il controllo, la repressione, la sorveglianza sono state prima confuse con la sicurezza e poi l’hanno bellamente sostituita. Mantenere una distanza fisica necessaria a rallentare il virus è stato sostituito con l’imperativo poco scientifico «State a casa a meno che dobbiate andare a lavoro!». La sicurezza sanitaria e la sicurezza sociale sono state sostituite con la “sicurezza” della repressione. E a pagare questo capovolgimento di termini e di significati sono state come sempre le categorie più deboli, quelle stesse che hanno fatto una lunga coda davanti al municipio per ottenere i buoni spesa stanziati dal governo per Pavia, per un ammontare complessivo di 387mila euro che lo stesso sindaco ha dichiarato insufficienti a coprire gli enormi problemi economici causati dall’epidemia.

Realtà e propaganda

Nella nostra città nel giro di pochi giorni, a fare le spese delle miopi scelte politiche sono stati un anziano colpito da grave infermità e una giovanissima infermiera neoassunta. In una città blindata, dove i cittadini sono incoraggiati a sfogare la loro comprensibile frustrazione facendo la spia ai danni dei vicini, un anziano malato di Alzheimer, Ugo Galvani, ha perso la vita a poche decine di metri dall’ultimo luogo in cui era stato visto vivo, mentre uomini, elicotteri e droni erano impegnati in un’assurda caccia alla grigliata.


(Fonte: https://primapavia.it/cronaca/si-cerca-il-signor-galvani-ugo-89enne-scomparso-sabato-a-pavia/)

Troppo spesso sta accadendo in queste settimane che le risorse della collettività sono impegnate nella direzione sbagliata. Come quando la polizia locale multa una giovane infermiera neoassunta, Marta Messina, che sta tornando presso la propria dimora dopo un estenuante turno di lavoro. La donna a fine turno, dopo aver correttamente smaltito i propri dispositivi di protezione individuale utilizzati sul lavoro, non ha potuto procurarsi in ospedale la mascherina per percorrere il breve tragitto verso casa. Dovrà quindi pagare 280 euro sul suo primo salario non ancora percepito perché lo stato prima le nega la possibilità di proteggere sé stessa e gli altri e poi la punisce perché non rispetta le disposizioni sanitarie.

È di poche ore fa la notizia che la multa verrà pagata dai datori di lavoro della giovane, o meglio, dagli intermediari: l’agenzia per il lavoro interinale Gi Group. Un gesto caritatevole che nasconde però un’amara verità: la giovane non era assunta dall’IRCCS San Matteo, ma ancora una volta da un’agenzia interinale. Nonostante quindi tutta la retorica sbandierata dai media e dal mondo della politica sull’importanza vitale degli operatori sanitari e sulla necessità di una revisione generale del sistema sanitario lombardo, le lavoratrici e i lavoratori sono ancora una volta trattati come pedine intercambiabili che possono essere prese, usate alla bisogna, sottopagate e lasciate in mezzo ad una strada quando non servono più, senza alcuna tutela. Per un’agenzia interinale, pagare una multa da 280 euro è poca cosa, ma non facciamoci distrarre rispetto ai problemi strutturali che affliggono il nostro sistema sanitario nazionale e in particolare la nostra regione.

Esprimiamo solidarietà a questa lavoratrice e crediamo che cancellarle la multa sarebbe un gesto apprezzabile di gratitudine verso il lavoro degli infermieri e di riconoscimento di un errore nell’ordine delle priorità.

La Regione obbliga tutti a portare una mascherina quando è evidente che non sono disponibili mascherine omologate in numero sufficiente, per non parlare del costo che soprattutto per chi deve andare ogni giorno a lavoro si fa significativo (l’infermiera in questione avrebbe dovuto usarne tre diverse ogni giorno di lavoro, due chirurgiche per i tragitti casa-lavoro-casa e una con filtro più fine in ospedale); abbiamo così l’assurdo di una norma regionale che prescrive una misura di sicurezza, evidentemente ritenuta importante, e poi smentisce sé stessa dicendo che in mancanza di meglio va bene anche un foulard. Il Comune di Pavia sostiene di aver ricevuto 21mila mascherine dalla Regione ma per una città di 70mila abitanti la copertura è tuttora insufficiente, e questo dovrebbe spingere le forze dell’ordine a un minimo di buon senso.

L’aspetto più incredibile resta però la scarsa fornitura di dispositivi di protezione presso le strutture sanitarie. Ricordiamo che ancora il 17 marzo al Policlinico San Matteo mancavano mascherine, calzari, camici, visiere e occhiali protettivi in numero sufficiente, al punto che il personale sanitario ha dovuto fare una sorta di sciopero spontaneo di alcuni minuti per sbloccare la situazione. I sindacati hanno protestato segnalando che nel sistema degli ospedali e delle case di cura si stava lavorando «in condizioni che non rispettano gli standard di sicurezza previsti, con la conseguente possibile messa a rischio della salute degli operatori stessi e degli utenti». Avevano ragione: sono proprio i luoghi di cura e assistenza ad aver creato i peggiori focolai di contagio e dopo un mese non siamo ancora convinti che sia stato fatto tutto il possibile per risolvere la situazione. Un’inchiesta della CGIL Funzione Pubblica nella nostra provincia rivela un’esplosione di decessi nelle case di riposo, con 341 morti in 29 case di riposo dal 20 febbraio al 10 aprile. Ci uniamo alle richieste con cui si conclude l’inchiesta: sarebbe necessario monitorare la situazione in questi luoghi facendo tamponi a tutti; sanificare gli ambienti; applicare il protocollo di emergenza sanitaria; rafforzare o per meglio dire impostare l’assistenza domiciliare che al momento è largamente carente, con migliaia di anziani lasciati a sé stessi in condizioni di paura e solitudine. Su questo segnaliamo l’appello Case di riposo e comunità residenziali: gli operatori sociosanitari e gli educatori non sono carne da macello.

Lavoratori mandati allo sbaraglio

La provincia di Pavia è uno dei territori più colpiti da questa pandemia in Italia. Tra i peggiori luoghi di contagio troviamo sicuramente il vasto sistema ospedaliero e delle case di riposo, ma non solo.


(Fonte: https://covid19.intelworks.io/)

Mentre si perde tempo inseguendo corridori nei parchi o cercando di scovare fantomatici barbecue pasquali, con molta ipocrisia si finge di non sapere che milioni di italiani continuano a recarsi al lavoro ogni giorno. Gli alti e bassi settimanali dei dati di mobilità mostrano chiaramente che nei week end la gente si muove molto meno, abbattendo il rischio di contagio: per forza, nel week end non lavora!

In Lombardia, i dati pubblicati da Google mostrano chiaramente che le uscite per “divertimento” e “shopping” (retail & recreation: -96%) si sono praticamente annullate rispetto all’ordinario, come anche le visite a parchi e giardini (parks: -90%), limitate ormai a quelle consentite dei proprietari di cani. Il dato che si mantiene elevato è quello degli spostamenti di lavoro (workplace) che si sono ridotti solo a un terzo, a dispetto della retorica sul «tutto chiuso». Tra i posti che rimangono aperti senza lavoro a distanza, molti sono parecchio affollati, come le fabbriche e i magazzini dove lavorano i nostri compagni.


(Dati del 5 aprile. Fonte: https://www.gstatic.com/covid19/mobility/2020-04-05_IT_Mobility_Report_en.pdf)

Alcune delle produzioni rimaste aperte sono dichiarate essenziali. In quei casi sarebbe importante capire se tutte le misure di sicurezza sanitaria obbligatorie sono correttamente applicate dalle aziende. Come mai il grande e spesso inutile dettaglio di informazioni sulle misure di repressione più o meno pittoresche messe in campo per pedinare i comuni cittadini impegnati in attività quasi innocue come il jogging, si trasforma in un silenzio tombale quando si tratta di rendicontare quali misure siano state prese per controllare la situazione dentro le aziende? Fatichiamo purtroppo a credere, abituati a conoscere la scarsa attenzione data mediamente dai nostri industriali alla sicurezza dei loro lavoratori, come testimoniano le cifre spaventose dei morti sul lavoro, che improvvisamente questa epidemia abbia reso tutte le aziende così virtuose da rendere superflui i controlli o nulle le violazioni. Questi dati sono tenuti nascosti, e sarebbe grave, oppure i controlli semplicemente non vengono fatte, e sarebbe ancora peggio? Su questo esigiamo risposte.

Altre produzioni sono invece inessenziali, eppure proseguono comunque. Come mai? In primo luogo, perché glielo consentono i provvedimenti troppo permissivi del governo e i mancati provvedimenti della Regione. Col meccanismo dei codici ATECO si sono lasciati attivi interi comparti produttivi sulla base della semplice appartenenza a un settore merceologico; tuttavia, come è evidente che un elicottero da soccorso e un elicottero da guerra hanno un’importanza ben diversa durante una crisi sanitaria, così dovrebbe essere evidente che molte produzioni dichiarate essenziali per via del codice ATECO non lo sono veramente. In secondo luogo, perché esiste il famigerato “comma d” che permette di tenere aperte attività produttive in seguito a una semplice “autocertificazione di essenzialità”. Ci sono molti indicatori che ci fanno ritenere che tra queste autocertificazioni abbondino gli abusi e le astuzie di imprenditori senza scrupoli.

La norma è costruita in modo tale che basta mandare una lettera alla Prefettura dichiarando di avere tra i propri clienti qualcuno che ha un codice ATECO “essenziale” per diventare a propria volta “essenziali per luce riflessa”. Dopo aver mandato la lettera, un’azienda può restare aperta e produrre, anche se la dichiarazione si rivelasse falsa o insufficiente a riaprire. Sta alla Prefettura verificare e, in tal caso, stabilire una nuova chiusura; chi ha fatto la dichiarazione ingannevole, erronea o comunque inadatta alla riapertura, non prenderà neppure una piccola multa. Così stando le cose, a un capitalista interessato solo al profitto tanto vale tentare.

Ci chiediamo dunque se la Prefettura stia valutando con attenzione le autocertificazioni ricevute, quante ne abbia ricevute, quante ne abbia accolte, quante ne abbia respinte, quante siano ancora in un cassetto in attesa di essere esaminate, e se una frazione delle forze dell’ordine mandate coi droni alla caccia di chi va a passeggio da solo, sia stata invece destinata ad effettuare controlli sugli spostamenti e le precauzioni relative al lavoro.

L’importanza capitale di questo aspetto è testimoniata anche dal successo del nostro appello I lavoratori non sono carne da macello, che invitiamo lavoratori e attivisti sindacali, soprattutto delegati RSU-RSA-RLS, a sottoscrivere.

Cambiamo le priorità!

Il sindaco Fracassi ha appena pubblicato questa lista di interventi stabiliti all’ultimo consiglio comunale (tenutosi online dopo mesi di mancate convocazioni, come se non ci fosse nulla di importante da discutere…). Lo sbilanciamento verso spese, anche ingenti, per la “sicurezza”, intesa come sorveglianza e repressione e non certo come sicurezza sociale, economica e sanitaria, è evidente, nonostante la foglia di fico dei 100mila euro donati al San Matteo. Basti pensare all’assurda prima voce, 40mila euro per la videosorveglianza di asili comunali chiusi (frutto avvelenato di varie campagne scandalistiche di destra contro le lavoratrici degli asili), oltre a 600mila euro spesi per attrezzature e uffici della polizia locale, nel bel mezzo di ben altre criticità. Al di là del doveroso adeguamento dei sistemi per l’acqua calda e il riscaldamento nelle case popolari ERP, oltre ad altri interventi di recupero e manutenzione, comunque insufficienti, sembra che i Servizi sociali siano scomparsi dal radar.

La sottovalutazione della disperazione economica e dell’isolamento sociale in cui si trovano le fasce più povere della cittadinanza può rivelarsi un errore imperdonabile, perché anche questi sono fattori che incidono nella sostenibilità delle misure di contrasto dell’epidemia, per non parlare del fatto che al termine di questa crisi sanitaria continuerà una profondissima recessione, tra le più gravi mai affrontate dal capitalismo nella sua storia.

Chiediamo dunque:

  • un cambio di priorità negli interventi di sorveglianza e controllo degli agenti municipali e statali, ridirigendoli verso i più preoccupanti focolai di infezione (soprattutto nelle aziende e nei luoghi di cura e assistenza);
  • la cancellazione simbolica della multa all’infermiera e per altri casi simili;
  • trasparenza da parte della Prefettura nel comunicare i dati sia aggregati sia individuali delle aziende rimaste aperte e perché;
  • controlli meticolosi da parte della Prefettura delle deroghe richieste in autocertificazione dalle aziende, cassando le richieste pretestuose che mettono a rischio i lavoratori, e in ogni caso consultando sempre i lavoratori e i loro rappresentanti aziendali (RSU, RSA, RLS);
  • ridefinizione dei compiti della Protezione Civile e in generale della forza pubblica affinché siano coinvolti nel seguito personalizzato dei soggetti con sintomi COVID-19 (trasferimenti casa-ospedale, ssistenza alla quarantena, monitoraggio dell’andamento delle condizioni);
  • che si usino i poteri di requisizione ed esproprio attribuiti alla Protezione Civile per individuare nelle strutture ospedaliere private, negli alberghi, negli appartamenti disabitati sfitti o affittati tramite piattaforme come AirBnb, spazi da dedicare ai malati con pochi sintomi, invece di tenerli in famiglia dove risulta più difficile mantenere l’isolamento;
  • il potenziamento dei Servizi sociali con la promozione di interventi specifici sulle conseguenze sociali dell’emergenza sanitaria in termini di mancato reddito, affitti, bollette, spese quotidiane, pressioni psicologiche, violenze domestiche, nonché gli oneri della didattica a distanza, insostenibili per molte famiglie di lavoratori. 

Sinistra Classe Rivoluzione
gruppo di Pavia

1 commento

  1. Ben fatto ragazzi e ora di smascherare questi pseudoamministratori incapaci di sostenere un azione valida a difesa di tutti cittadini in questo momento così difficile ci sarebbe anche da discutere su l impiego di una forza di polizia che andrebbe completamente riformata e non solo di mezzi tenici ….sulla base delle nuove esigenze dei tempi ‍✈️‍♀️‍♂️‍‍‍‍‍‍‍‍⚕️

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